18/09/13

I politici secondo un politico

Una sola preoccupazione spinge a costruire programmi nuovi o a modificare quelli che già
esistono: la preoccupazione dell'esito delle prossime elezioni. Non appena nella testa di questi
giullari del parlamentarismo balena il sospetto che l'amato popolo voglia ribellarsi e sgusciare dalle
stanghe del vecchio carro del partito, essi danno una mano di vernice al timone. Allora vengono gli
astronomi e gli astrologi del partito, i cosiddetti «esperti» e «competenti», per lo più vecchi
parlamentari che, ricchi di esperienze politiche, rammentano casi analoghi in cui la massa finì col
perdere la pazienza, e che sentono avvicinarsi di nuovo una minaccia dello stesso genere. E costoro
ricorrono alle vecchie ricette, formano una «commissione», spiano gli umori del buon popolo,
scrutano gli articoli dei giornali e fiutano gli umori delle masse per conoscere che cosa queste
vogliano e sperino, e di che cosa abbiano orrore. Ogni gruppo professionale, e perfino ogni ceto
d'impiegati viene esattamente studiato, e ne sono indagati i più segreti desiderii. Di regola, in quei
casi diventano maturi per l'indagine anche «i soliti paroloni» della pericolosa opposizione e non di
rado, con grande meraviglia di coloro che per primi li inventarono e li diffusero, quei paroloni
entrano a far parte del tesoro scientifico dei vecchi partiti, come se ciò fosse la cosa più naturale del
mondo.
Le commissioni si adunano e «rivedono» il vecchio programma e ne foggiano uno nuovo. E nel
far ciò, quei signori cambiano le loro convinzioni come il soldato al campo cambia la camicia, cioè
quando quella vecchia è piena di pidocchi. Nel nuovo programma, è dato a ciascuno il suo. Al
contadino è data la protezione dell'agricoltura, all'industriale quella dei suoi prodotti; il consumatore
ottiene la difesa dei suoi acquisti, agli insegnanti vengono aumentati gli stipendi, ai funzionari le
pensioni. Lo Stato provvedere generosamente alle vedove e agli orfani, il commercio sarà favorito,
le tariffe dei trasporti saranno ribassate, e le imposte, se non verranno abolite, saranno però ridotte.
Talvolta avviene che un ceto di cittadini sia dimenticato o che non si faccia luogo ad una diffusa
esigenza popolare. Allora si inserisce in gran fretta nel programma ciò che ancora vi trova posto, fin
quando si possa con buona coscienza sperare di avere calmato l'esercito dei piccoli borghesi e delle
rispettive mogli, e di vederlo soddisfatto. Così, bene armati e confidando nel buon Dio e nella
incrollabile stupidità degli elettori, si può iniziare la lotta per la «riforma» (come si suol dire) dello
Stato.
Quando poi il giorno delle elezioni è passato e i parlamentari del quinquennio hanno tenuto il
loro ultimo comizio, per passare dall'addomesticamento della plebe all'adempimento dei loro più6
alti e più piacevoli compiti, la commissione per il programma si scioglie. E la lotta per il nuovo
stato di cose riprende le forme della lotta per il pane quotidiano: presso i deputati, questo si chiama
«indennità parlamentare».
Ogni mattina, il signor rappresentante del popolo si reca alla sede del Parlamento; se non vi
entra, almeno si porta fino all'anticamera dove è esposto l'elenco dei presenti. Ivi, pieno di zelo per
il servizio della nazione, inscrive il suo nome e, per questi continui debilitanti sforzi, riceve in
compenso un ben guadagnato indennizzo.
Dopo quattro anni, o nelle settimane critiche in cui si fa sempre più vicino lo scioglimento della
Camera, una spinta irresistibile invade questi signori. Come la larva non può far altro che
trasformarsi in maggiolino, così questi bruchi parlamentari lasciano la grande serra comune ed,
alati, svolazzano fuori, verso il caro popolo. Di nuovo parlano agli elettori, raccontano dell'enorme
lavoro compiuto e della perfida ostinazione degli altri; ma la massa ignorante, talvolta invece di
applaudire li copre di parole grossolane, getta loro in faccia grida d'odio. Se l'ingratitudine del
popolo raggiunge un certo grado, c'è un solo rimedio: bisogna rimettere a nuovo lo splendore del
partito, migliorare il programma; la commissione, rinnovata, ritorna in vita e l'imbroglio ricomincia.
Data la granitica stupidità della nostra umanità, non c'è da meravigliarsi dell'esito. Guidato dalla sua
stampa e abbagliato dal nuovo adescante programma, l'armento «proletario» e quello «borghese»
ritornano alla stalla comune ed eleggono i loro vecchi ingannatori. Con ciò, l'uomo del popolo, il
candidato dei ceti produttivi si trasforma un'altra volta nel bruco parlamentare e di nuovo si nutre
delle foglie dell'albero statale per mutarsi, dopo altri quattro anni, nella variopinta farfalla.
Nulla è più mortificante che l'osservare, nella sua semplice realtà, questo processo, che il dover
assistere ad un trucco sempre rinnovantesi. Certo, coll'alimento di questo terreno spirituale non si
attingerà mai in campo borghese la forza di condurre la lotta contro l'organizzata potenza del
marxismo!
E' anche vero che quei signori non pensano mai sul serio a ciò. Tenuto pur conto di tutta la
cortezza di mente e di tutta l'inferiorità spirituale di questi «stregoni» parlamentari della razza
bianca, neppure essi possono immaginarsi seriamente di battersi, sul terreno d'una democrazia
occidentale, contro una dottrina per la quale la democrazia, con tutti i suoi annessi e connessi, non è
nella migliore delle ipotesi altro che un mezzo impiegato per paralizzare l'avversario e per spianare
la via alle proprie azioni. Se è vero che una parte del marxismo cercò, con molta scaltrezza, di far
credere d'esser indissolubilmente congiunta con le massime della democrazia, non si deve però
dimenticare che nelle ore critiche quei signori non si curarono un fico di prendere una decisione di
maggioranza conforme alle concezioni della democrazia occidentale! Alludo ai giorni in cui i
parlamentari borghesi ravvisarono garantita la sicurezza del Reich dalla prevalenza del numero,
mentre il marxismo traeva senz'altro a sé il potere, insieme con un mucchio di vagabondi, disertori,
bonzi di partito e letterati ebrei, mettendo così la museruola alla democrazia. Certo, ci vuole la
credulità d'uno di questi «stregoni» parlamentari della democrazia borghese per figurarsi che ora o
in avvenire la brutale risolutezza degli interessati o dei portatori di quella peste mondiale possa
essere eliminata dai semplici esorcismi d'un parlamentarismo occidentale.

17/09/13

Intoccabile

stanco del miele
ho leccato il vento
e mi ha soddisfatto
e respirato l'odore dell'acqua,
quando ero immerso
in mezzo al mare

ora i miei pensieri
camminano a piedi nudi
sull'arida terra.
ma non è nulla
per cui inventarsi
di dare un bacio al fuoco

e allora
succhio succose labbra
e non me ne stacco
e non resisto

concentrato su di esse
non sento altro
morbido tepore
e fantastico sapore

11/09/13

Da oggi non sono più indignato con la Francia

Breve considerazione dall'alto della mia ignoranza.

   Se siete italiani sicuramente siete molto orgogliosi di vivere nello stato con la più alta concentrazione di artisti al mondo. Il genio italico è stato celebrato innumerevoli volte e in innumerevoli modi, è bello poter vantare città d'arte stupende, così tante e con così tante opere che non si possono elencare, in quanto ogni luogo italiano è ricco d'arte. Ogni più piccolo paese sperduto in un angolo remoto dello stivale può vantare una qualche opera d'arte. E di questo noi italiani ci possiamo pavoneggiare.
   Se poi vi è mai capitato di visitare una qualsiasi delle capitali europee, avrete sicuramente scoperto che ogni grande museo nazionale ha al suo interno delle opere italiane. Per quelli di voi che sono stati a Parigi e hanno visitato il Louvre questa forte presenza di opere italiane balza agli occhi. Ci sono quasi più opere italiane che francesi.
   Io personalmente sono stato a Parigi nel 2007 e devo dire di essermi fortemente indignato, non so se più contro i francesi che ci hanno "derubato" o verso noi italiani che glielo abbiamo lasciato fare. Ma mi sono indignato. Ogni qualvolta capitava di tirare fuori l'argomento mi ritrovavo ancora indignato. Questo fino ad oggi. 
   L'articolo che ho letto mi ha fatto un po' ricredere. Attenzione, in realtà sono ancora indignato (il titolo è un'iperbole) ma ora provo anche un misto di riconoscenza verso i francesi che hanno "salvato" le nostre opere da noi stessi.
   Ho sempre ritenuto la Francia ed i francesi infatti d'avere la grande qualità di riuscire a dare un grande valore a diversi prodotti, anche quando di valore c'è ben poco: la cucina francese fa schifo, i loro vini sono mediocri, il formaggio francese manca di carattere, la moda è sopravvalutata ecc ecc... Ma almeno questo loro essere stranamente nazionalisti e difensori del loro nazionalismo (per un popolo che a guardarlo dovrebbe essere più disunito di noi italiani) li ha portati a difendere anche le loro opere "acquisite".
Detto questo non dico che svenderei tutte le opere italiane ai nostri "cugini" galletti, ma lasciatemi nel dubbio che in mano loro le nostre grandi opere potrebbero avere una vita più lunga e maggior risalto, con buona pace della nostra adorata Lisa...
M.A.

07/09/13

Pdor

Chi osa interrompere il sonno di Pdor, figlio di Kmer, della tribù di Itar, Della terra desolata di Cfnir, uno degli ultimi 7 saggi b-burganer, lasaparin, divin, galin, zuzur e Talar..eeh?
Pdor, colui che era, colui che è stato e colui che sempre sarà...ciucia aki e ciucia là..Pdor, il grande Pdor che vive negli abissi.. Pdor colui il quale ha sfidato e sconfitto i demoni Sem..che ora vagano per il mondo domandandosi: "ma num chi sem?"...avvicinati tu, oh uomo dalla forma gnomica, e ricordati che sei al cospetto di Pdor, colui il quale è sceso nelle sacre acque del lago Fnir, tra le ninfe Brfniugheralt..e lì ha assaggiato il mitico cibo degli dei: la Piadeina..
Avvicinati tu, oh uomo dalla terra dei fichi d'india, e ricordati che sei al cospetto di Pdor..colui il quale ha amato le 1000 dee tra cui la dea Berta..la dea dalla gamba aperta...
Sono l'addetto alla macchina del tempo